Stamattina “passeggiando per la rete” i miei occhi si sono inchiodati su un articolo: “Remote Year, 1 Anno per lavorare viaggiando“.

Leggo l’interessantissimo articolo e mi ispiro un po’, ho sempre sognato di poter lavorare in tranquillità da remoto, per noi italiani – non tutti ma per molti – questo tipo di progettualità rimane completamente un sogno.
Va fatto un distinguo, in Italia le divisioni sono nette, ci riempiamo la bocca con tante belle parole e tante belle intenzioni ma in definitiva non siamo disposti a cambiare e non siamo disposti a lottare per il cambiamento, quindi Freelancer spiantati (quasi sempre), dipendente sfruttati (e sottopagati), Remote Worker NO! facciamo delle considerazioni:
– Sono un freelancer, dipende da dove vivo chiaramente, perché l’aspetto territoriale è importante, se diamo un’occhiata a Linkedin.com ci rendiamo conto di come l’IT, il Marketing e le figure Consulenziali siano richieste quasi esclusivamente nel Triangolo delle Bermuda “Milano – Bologna – Torino”, può un ragazzo Campano, Marchigiano o Umbro (il Laziale fa un caso a parte) essere un consulente freelance? Certo! Se si trasferisce. Viene richiesta residenza limitrofa alla sede dell’Azienda. Non fai prima a chiedere un dipendente? Non sembra anche a voi una cazzata epocale?
facciamo un secondo esempio:
– Sono un dipendente, chiaramente la mia presenza è richiesta in azienda, per quale motivo è richiesta? Perché ci sono delle operatività che mi coinvolgono nel lavoro di Team e anche perché se sono stato SEMPRE un dipendente difficilmente saprò gestire qualcosa al di fuori della gabbia chiamata ufficio. Molti di noi riescono ad affrontare la realtà professionale che vivono unicamente se si trovano avvolti nella trappola di cemento. Ho visto ex colleghi diventare degli ebeti “fancazzisti” nel momenti in cui il capo non li può tenere sott’occhio.
Ma cosa vuol dire essere un dipendente? Sicuramente non lavorare di meno, ma auspicare – salvo il fenomeno dell’acconto perenne – di avere uno stipendio ogni 26 giorni lavorati, avere dei benefit? Il Buono pasto, ore di permesso, corsi di formazione interni, crescita e modo di spaziare. Ecco tutto ciò che ho citato in questa riga per il 90% dei dipendenti è una CHIMERA.
Non vorrei essere ridondante nei miei modi “coloriti di esprimermi” , ma un dipendente oggi è solo carne da macello. D’altro canto, perché non dovrebbe esserlo?
La mia riflessione si fa sempre più profonda, mi baso sulla mia vita e sulle mie esperienze, l’unico e vera realtà in cui sono entrato e che mi ha permesso di lavorare come Remote Worker, assunto e regolarmente pagato è stato nello staff di Multiplayer.it, il mio ruolo era quello di Traffic Manager (delivery della pubblicità) e supervisore tecnico delle creatività, chiaramente la condizione di Remote Worker non poteva essere effettuata per periodi continui, per i 2 anni che sono stato lì mi è capitato spesso di poter seguire le mie operatività da dove volevo. La squadra di Andrea Pucci non è seconda a nessuno nel campo videoludico in Italia, ed ero felice di lavorare con loro.
Ma per il resto? Una valle di lacrime, ho avuto tantissime richieste, e parlato con tantissime aziende, alcune anche di livello pregiato, mai nessuna mi ha permesso di poter lavorare da remoto, il mio target economico è sempre stato medio-alto, e questo peggiora sensibilmente la condizione, se chiedi una RAL superiore ai 30k annui diventi “un animale da tenere in gabbia“, un giorno per approfondire questo argomento scriverò dei lavori che ho fatto in vita mia.
Torniamo un attimo indietro e analizziamo l’offerta Remote Year, cosa propongono:
“Remote year is a one year program where you get paid to travel around the world with 100 interesting people while working remotely from the beach, pool or coffee shop.
The inaugural group leaves June 1, 2015
Remote year allows participants to enjoy all of the benefits of traveling without any of the risks. The program will spend between 2 – 5 weeks in 18 different locations through the world. This will give participants an opportunity to deeply connect with the local culture and business ecosystem through bursts of stability, while remaining short enough to avoid growing stale.” – website
Traduzione? Un Sogno. Coadiuvare 100 persone nel lavorare insieme, in remoto, da una spiaggia, una piscina o da un caffè, il primo gruppo partirà il 1 Giugno 2015, non ci sarà alcun tipo di rischio, Remote Year si occuperà di tutta la logistica e i viaggi che porteranno questi 100 fortunati in 18 luoghi differenti, dalle 2 alle 5 settimane di permanenza.
Ho le lacrime agli occhi. Splendido.
E tu? Che sogno hai nel cassetto? sei un freelancer o un dipendente? lavori in una startup? vuoi diventare un imprenditore? ma soprattutto… Riuscirai mai a lavorare mentre sei seduto in spiaggia ed essere economicamente libero? Fammi sapere, sono curioso.
3 commenti
Ciao Marco, alla fine sei partito per il Remote Year? Conosci qualcuno che l’ha fatto? 🙂 Grazie, ciao ciao!
Ciao Karin, scusa per il mostruoso ritardo, ma no… non sono mai partito 🙂 tu?